Anzitutto, che cos’è un Training Camp ?
E’ un fenomeno che negli ultimi anni va molto di moda, in varie forme e in molti sport, non da ultimo il ciclismo.
Letteralmente significa “campo d’addestramento” e prende origine dai Boot Camp, i campi di addestramento reclute dei Marines americani.
Il Training Camp di cui vi racconterò, è quanto di più lontano si possa immaginare ad un addestramento militare, anche se, altrettanto impattante.
Regressione: questo sito viene spesso definito da me stesso come “blog”, in realtà negli anni è diventato qualcosa di differente da questo.
Un blog per definizione infatti è un luogo virtuale in cui una persona condivide le proprie esperienze di vita con chi è interessato a seguirlo.
Una sorta di diario digitale.
Oggi non troverai un classico articolo-guida del tipo “come andare più forte in salita“, “come allenarti meglio in meno tempo” ecc.
Di questi ne trovi e ne troverai a decine nel sito.
Oggi torno a fare il blogger nel vero senso del termine, raccontando una mia personale esperienza.
Ti porterò con me, se lo vorrai, a fare un breve viaggio attraverso l’esperienza degli Evolution Camp di TrainEvolution.
Iniziamo.
Anzitutto la definizione (le parole sono importanti).
Evolution Camp = “campo di evoluzione”.
E’ la storia di un gruppo di uomini e donne:
“con le ali ai piedi, e la speranza nei cuori. Una storia che merita di essere raccontata”
Oggi fare sport è diventato in molti casi una moda.
Anche andare in bici.
Ci si compra la specialissima più bella e costosa che le nostre tasche si possono permettere, vi abbiniamo completi di alta moda, ci colleghiamo con gingilli elettronici di ogni tipo, condividiamo i nostri dati sui social network.
Siamo sempre connessi, sempre sotto misurazione, sempre in competizione con qualcosa e qualcuno.
Stiamo perdendo la grande opportunità che questo sport ci offre.
L’opportunità di rimanere finalmente “nudi”, coperti soltanto della nostra fatica che tira fuori i nostri limiti umani e ci permette di tornare a contatto con la nostra essenza, con il nostro vero IO, in connessione con quell’energia che, tolto di mezzo il nostro peggior nemico, l’EGO, non viene da dentro di noi, viene dall’universo.
Ricordo bene la difficoltà di Omar, qualche anno fa, a far digerire alcuni dei suoi concetti agli amici (me compreso) che entrarono a far parte di quel viaggio chiamato TrainEvolution.
L’importanza del terreno fertile su cui seminare la nostra preparazione, la centralità del recupero, il considerare ogni allenamento come uno stimolo allenante che fa parte di un progetto molto più ampio.
Dare ascolto alle proprie sensazioni, rispettare i segnali che il nostro corpo ci da, rispettare la nostra naturale cadenza di pedalata, non auto imporci improbabili esercizi di agilità, a lasciare andare i falsi miti sulla frequenza cardiaca e le zone di allenamento, ad usare il misuratore di potenza solo come un valido alleato, utile in certi momenti, ma più spesso dannoso per noi amatori, se non si sa come interpretare i dati.
A gestire la respirazione in ogni fase dell’allenamento ma anche durante il giorno, ad essere presenti a se stessi, nel qui ed ora, a mettersi nel migliore stato psicofisico con la tecnica dell’ancoraggio, ad abbassare la percezione della fatica grazie alla dissociazione.
Ad andare oltre i limiti che troppo spesso noi stessi ci autoimponiamo, ad alzare la testa e vedere oltre l’orizzonte della prima gara di stagione o della battaglia della domenica con gli amici.
Insomma, ci sta insegnando, non a praticare il ciclismo ma a VIVERLO.
Gli “allievi” presenti ad Evolution Camp arrivano pronti a questo salto.
Scrivo questo con soddisfazione, ma senza orgoglio (che ha a che fare con l’ego) perché so di aver dato il mio seppur piccolo contribuito alla creazione di questo vero e proprio “movimento” di persone che ora vivono il ciclismo – e azzardo – anche la vita, in modo più consapevole.
Da un comune training camp ti aspetti che dopo la classica e bellissima pedalata del mattino, ci sia un pomeriggio dedicato al riposo, magari con massaggi e sauna, oppure un incontro con un esperto in qualche area tematica legata l’allenamento.
Invece no.
Omar ci riunisce in una sala, seduti a cerchio e ci fa una domanda tanto semplice quanto complicata:
“Chi sei tu veramente ?”
“Dove sei arrivato in questo momento della tua vita?”
Un po’ spiazzati, io e gli altri partecipanti restiamo chiusi in un silenzio assordante.
Omar ci fa capire che può aspettare le nostre risposte anche tutto il pomeriggio, senza problemi.
Così, come per magia, dalle nostre menti la nebbia si dirada, ognuno di noi inizia in modo naturale a raccontare chi è davvero, quello che sente, le esperienze del passato che lo hanno fatto diventare ciò che adesso ritiene di essere diventato.
E qui ho provato una profonda ammirazione per questo gruppo di persone speciali capaci di guardare dentro se stessi, a volte spolverando ricordi e sentimenti che sarebbero stati meglio rinchiusi in quel baule che ognuno di noi tiene in fondo al cuore.
Il resto è troppo personale e profondo per poter essere condiviso.
In realtà, credo, non si possa mettere per iscritto. Servirebbe forse il migliore Hemingway per poter descrivere certe cose.
Io, nel mio piccolo, spero di averti dato un input su cui riflettere.
Forse ti chiederai a questo punto : che cosa c’entra tutto questo con il ciclismo ?
Il libro che racconta la filosofia e la metodologia di allenamento che ha già cambiato il modo di vivere il ciclismo di migliaia di appassionati.